Perché è utile donare il Sangue del Cordone Ombelicale

Proviamo a darci delle indicazioni chiare sul perché è utile donare il Sangue del Cordone Ombelicale (in seguito semplicemente SCO), piuttosto che conservare il medesimo Sangue, per un eventuale uso proprio, presso delle banche sostenendo ovviamente, in quest’ultimo caso, dei costi.

Chiariamo che il SCO è sangue fetale che circola dal feto alla placenta e viceversa tramite il cordone ombelicale. Detto cordone è un robusto funicolo di 50 cm circa, tortuoso e flessibile, in cui scorrono due arterie ombelicali che portano sangue venoso dal feto alla placenta, e una grossa vena ombelicale che porta sangue arterioso dalla placenta al feto. La placenta è l’organo che immerso nella mucosa uterina mette in contatto il feto con la madre e assolve alla funzione respiratoria prima della nascita.

Il SCO è ricco di cellule staminali capaci di produrre continuamente le cellule del sangue e del sistema immunitario, come il midollo osseo; per questo permette di curare col trapianto molte malattie gravi, come le leucemie e la talassemia.

Il prelievo del SCO viene eseguito dalla vena ombelicale, di norma 60 sec. circa dopo la nascita (con la placenta ancora in utero), mediante un sistema a circuito chiuso. Dopo aver pinzato il cordone a 1-2 cm dal neonato lo si recide in due punti e, previa disinfezione, si inserisce nella vena ombelicale un ago collegato con la sacca di raccolta mediante un tubo di deflusso. Si fa defluire il sangue nella sacca tenuta in agitazione costante, esercitando anche una delicata spremitura del cordone. Per un eventuale trapianto è richiesto un volume di almeno 60 ml di SCO.

Per  ovvie ragioni di sicurezza, qualità e trasparenza le donazioni  di SCO a fini terapeutici si possono fare solamente in reparti accreditati e affiliati a una banca di SCO.  I genitori che vogliono donare il SCO del figlio devono rivolgersi all’ostetrica o al ginecologo di fiducia, in cui prevedono si realizzi il parto nell’ultimo trimestre di gravidanza, per avere le informazioni necessarie e procedere all’arruolamento che include il consenso informato, la valutazione di idoneità della coppia alla donazione, dello stato di salute della madre, del  padre, e chiaramente anche del feto. Una valutazione sarà rifatta all’atto del ricovero, nel corso del travaglio e del parto.

Una volta ottenuto il SCO questo è destinato a chiunque ne ha bisogno, realizzando così la classica donazione solidale. Il SCO può essere anche utilizzato per lo stesso neonato, se alla nascita ha una malattia in cui è indicato il trapianto autologo di SCO.

Il primo tentativo di trapianto di cellule staminali da SCO risale al 1972, ma è del 1989 la pubblicazione sul New England Journal of Medicine del report sul primo trapianto di sangue del cordone eseguito con successo in un ragazzo francese con una forma severa di anemia di Fanconi. Questo traguardo è stato possibilie grazie alla collaborazione intensa di tre gruppi di lavoro: quello di Auerbach della Rockefeller University di New York (USA); quello di Broxmeyer dell’Indiana University a Indianapolis (USA); e infine, il gruppo guidato da Gluckman dell’Ospedale Saint Louis di Parigi (Francia).

Dopo il primo trapianto sono state aperte nel mondo tantissime banche pubbliche per la raccolta e la conservazione del SCO, a scopo di trapianto allogenico (donazione) essenzialmente non familiare, quindi pienamente solidale.

Per  quanto detto finora, esplicito perché la conservazione del SCO a scopo preventivo per un trapianto autologo futuro, che viene proposta dalle banche private a pagamento, risulta essere praticamente inutile:

1) Il SCO può essere conservato per un periodo massimo di 15 anni. Non c’è nessuna prova che le Cellule Staminali Emopoietiche (di seguito CSE) in esso contenute rimangano vive e vitali oltre tale limite e che possano servire per trapianto o altre terapie;

2) Le malattie in cui è ammissibile il trapianto autologo, in assenza di donatore, sono molto poche e tutte molto rare nei bambini fino a 15 anni. Il rischio di ammalarsi di una di tali malattie entro i 15 anni di vita è in media di 0,001%. (*)

3) Facendo leva sui sentimenti dei futuri genitori, che desidererebbero assicurare al nascituro una sorta di “assicurazione biologica” di cura per qualsiasi futura malattia -illusione che non è fondata su alcuna obiettività scientifica- le banche private stanno togliendo alla società la possibilità di curare chi davvero ha bisogno per vivere del trapianto di CSE, quali, ad esempio i malati di leucemia. (*)

4) A dimostrazione dell’inutilità della procedura è giusto far conoscere a tutti che a livello mondiale risulta siano state utilizzate appena 5 sacche di SCO per uso autologo in diverse malattie, ma con un’efficacia del trapianto assolutamente non verificata. (*)

5) In Italia e in Francia la legge vieta l’istituzione di banche private di SCO, in altre nazioni europee ne sono operative 43, oltre a tante altre nel mondo, poiché si tratta di un business che fornisce lauti guadagni. Pertanto, se un figlio di genitori che hanno donato lo SCO ad una banca privata dovesse ammalarsi di leucemia, in nessun caso il “proprio” SCO potrà mai rientrare in Italia, l’unica speranza di cura e di vita sarebbe per lui un trapianto del SCO donato a una banca pubblica.

Antonio Citro, bioeticista

(*Fonte:dati del Convegno UniSalute “Le cellule staminali e il loro impiego attuale nella clinica” Bologna, 30 settembre 2011)

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