L’enciclica “Evangelium Vitae” del Papa Giovanni Paolo II compie 20 anni

L’enciclica “Evangelium Vitae” (EV) del Papa Giovanni Paolo II, pubblicata il 25 marzo 1995 è per noi a distanza di 20 anni un testo attualissimo! Nell’EV si pone risalto alla vita che è dono gratuito ed amorevole proveniente da Dio creatore.

Dinanzi all’evidenza, di una “cultura di morte”, il compito della Chiesa non è solo quello di leggere la storia e denunciarne gli smarrimenti rispetto al messaggio cristiano, ma deve impegnarsi ad annunciare il “vangelo della vita”.

Si esamina il contesto culturale contemporaneo ed  averne denunciato il mancato rispetto per la vita umana, nell’introduzione, viene già focalizzato il tema dell’enciclica stessa:“il Vangelo dell’amore di Dio per l’uomo, il Vangelo della dignità della persona e il Vangelo della vita sono un unico ed indivisibile Vangelo.”

Alcuni forti richiami sono: “Rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana!”.

Questo imperativo è presente, ed accompagna tutta la tematica della l’enciclica. Il riferimento al primo omicidio biblico di Caino che uccide il fratello Abele, delinea come la morte è entrata nel mondo per volere dell’uomo e non del Signore che la vita l’ha creata e redenta, per questo la ama dal suo inizio, il concepimento, fino alla sua fine naturale, la morte!

La vita è sacra perché creata da Dio, da Colui che ha posto l’uomo, nell’esercizio della sua  signoria sul creato, al vertice di una piramide che lo riconosce  a“ immagine e somiglianza “ di Dio stesso. La “cultura della vita”  deve seppellire la “cultura della morte” per manifestare e affermare  in modo pieno e libero la promozione e il rispetto della vita umana.

L’uomo, con atteggiamento prometeico, vuole impadronirsi della vita, dei suoi segreti, non vuole ammettere  che questa non si fabbrica ma si accetta come dono da chi ha la possibilità di parteciparla come forma della sua unica paternità.

C’è il riferimento alla sessualità depersonalizzata e strumentalizzata per perseguire fini utilitaristici e edonistici, che portano l’uomo al massimo del piacere fino alla confusione  tale da distinguere tra bene e male.

Nell’attuale contesto socio-culturale, che evidenzia il degrado morale, di impoverimento della vita fino alla sua sistematica ed arbitraria soppressione si devono porre come pilastri fondanti da una parte il “Vangelo della vita” e dall’altra la sacralità della famiglia come “santuario della vita”.

Nel terzo capitolo si sottolinea il comandamento del rispetto della vita nei confronti della quale l’uomo deve avere un atteggiamento di signoria. Ogni omicidio è sempre un fratricidio in quanto viene soppressa la vita di uno che condivide la fraternità in quanto figlio dello stesso Padre.

Nella inviolabilità della vita umana si rispecchia  l’inviolabilità del Creatore stesso di cui la vita è una emanazione

In questo contesto magisteriale, impegnando tutta l’autorità di Sommo Pontefice, si pone la dichiarazione solenne, precisa ed inequivocabile, quasi fosse la proclamazione di un nuovo dogma, che “l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale.”

Di questa affermazione, viene precisato che non è lecita, nè come fine, né tantomeno come mezzo, anzi viene aggiunto che “nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo”; in nessun modo devono esserci Codici, Parlamenti, o corti costituzionali, a favorire la morte di una persona!

L’enciclica affronta il problema dell’intervento sugli embrioni umani, di fecondazione “in vitro”, fino a denunciare il tentativo umano di “gestire” il momento della morte, che la vuole procurare in anticipo, rispetto al carattere di sacralità che possiede, perché creata da Dio.

Anche il suicidio è un arbitrio di cui l’uomo non può godere, quasi fosse esclusivamente una scelta autonoma, per gli stessi motivi di sacralità e rispetto che lo legano alla vita altrui.

Anche la morte, paradossalmente, è la porta della vita. L’uomo non termina la sua esistenza, miseramente in una bara, ma uscendo dalla placenta della storia, si apre alla vera vita,  si proietta nell’eternità, dove ha un appuntamento con Dio. Perché Dio ha creato l’uomo per la vita, ma la vita eterna. La sofferenza vissuta e accettata diventa il mezzo di trasporto per raggiungere questo traguardo. Dare all’uomo di oggi questo annunzio, rispetto alla prostrazione, all’umiliazione in cui è costretto, se sofferente o impedito, significa liberarlo psicologicamente e umanamente da un condizionamento. Qui è la radice della cultura della vita, anche quando è tormentata e terminale.

Proprio perché la vita è un dono, in tutta la sua estensione e manifestazione, ossia dal concepimento al suo naturale compimento, diventa anche un diritto inalienabile ed inespugnabile. Nessuno può attentare alla vita, né chi la possiede, perché gli è stata donata, né chi può legiferare: lo Stato o le leggi dell’uomo, perché essa è sacra ed intangibile!

L’aborto e l’eutanasia sono dei crimini, che nessuna legge umana può pretendere di poter legittimare per nessun motivo. E’ prioritaria la necessità di dover affermare la sacralità della vita rispetto ad ogni altro diritto. La coscienza dinanzi a tale prospettiva deve ribellarsi con forza e determinazione fino ad arrivare all’opposizione espressa attraverso l’obiezione di coscienza.

In seguito, si afferma che la Chiesa è “esperta in umanità” ed è chiamata a vivere la stagione della “civiltà dell’amore”, si pone il fondamento per un rinnovato impegno a farsi promotrice del “Vangelo della vita” come dovere essenziale del mandato ricevuto da Cristo stesso.

Nel rispetto della vita umana si celebra il rispetto del Dio della vita. Occorre dunque “prendersi cura di tutta la vita e della vita di tutti.”

La vita va accolta come dono, rispettata come impegno, ma anche promossa ed amata con la forza della gratuità e lo “scandalo”  dell’amore, perfino per i propri nemici:“ L’amore vince l’odio e la vendetta è disarmata dal perdono.”

Si richiede un’opera educativa per il rispetto della vita, e l’enciclica,  presenta alcuni suggerimenti tendenti alla promozione della vita, dai centri di studio ai consultori matrimoniali e familiari fino alla giusta rivendicazione dell’obiezione di coscienza qualora venga proposto l’aborto  o l’eutanasia.

La vita è sempre un bene, questa affermazione può appartenere a chiunque.

La famiglia è riconsiderata “Chiesa domestica”, dove si celebra il mistero della vita e la della preghiera quotidiana, unitamente alla sensibilità dell’adozione o affidamento,  sono presentate  come  la via maestra per il servizio al “Vangelo della vita.”

Anche la sofferenza, che non è censurabile da un punto di vista della dottrina della Chiesa, deve essere riscoperta nella sua funzione di maestra di vita e luogo di fedeltà al Signore.

Anche la sofferenza, letta nell’ottica del Vangelo, è una scuola di sapienza e saggezza, è una palestra di vita ed è un’occasione di docile sottomissione a Colui che ne ha fatto il mezzo della nostra salvezza. Il soffrire per l’uomo non è schiavitù, è si condizionamento, ma anche via di salvezza.

Un’attenzione particolare, come segno della maternità della Chiesa viene partecipata a coloro che hanno vissuto la scelta dell’aborto ed ora vivono il disagio di una colpa. La misericordia di Dio è infinitamente superiore ad ogni debolezza e fragilità umana. Il ricorso al pentimento, alla conversione e al conseguente servizio alla vita che  si è offesa, sono presentati come mezzo per riavere la pace del cuore.

Nella conclusione, con uno sguardo a Maria, Madre della Vita, madre dei viventi, è posta la sua esemplarità come fine da raggiungere e vivere per essere testimoni sempre ed ovunque del “Vangelo della vita” in quanto accolto e vissuto fino al punto da diventarne  testimoni credibili.

Antonio Citro, bioeticista

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