Riflessione sulla vita nascente nei 20 anni dell’enciclica Evangelium Vitae

Presento una riflessione sull’articolo del prof. Angelo Serra: “Lo stato biologico dell’embrione umano. Quando inizia l’essere umano?”, posto nel testo del prof. Ramon Lucas Lucas: “Commento interdisciplinare alla Evangelium Vitae” edito dalla Libreria Editrice Vaticana nel 1997.

L’autore presenta gli sviluppi cronologici della scienza in merito alla fecondazione in vitro, analizzando da un punto di vista biologico le varie fasi di vita dell’embrione, quali obiezioni vengono poste proprio allo sviluppo medico-scientifico, esprimendo anche il pensiero del Magistero della Chiesa, con espliciti riferimenti all’enciclica di San Giovanni Paolo II: l’Evangelium Vitae.

Il prof. Serra inizia con il dato storico del 1978 quando per la prima volta andò a buon fine, dopo innumerevoli tentativi scientifici, la nascita di una persona concepita in vitro. Interessante notare che un Comitato britannico nel 1982, a tal riguardo, sosteneva che una ricerca scientificamente valida, circa la fertilizzazione in vitro, sarebbe eticamente accettabile se non preveda di “trasferire in utero un embrione che risultasse usato in esperimenti”. Poi, addirittura, nel 1990, ancora in Inghilterra, il Comitato Warnock, circa la durata delle sperimentazioni su embrioni fissava il termine del quattordicesimo giorno dalla fertilizzazione.

Da questo fatto ebbe origine la terminologia, fortemente ambigua, di “pre-embrione”, intendendo lo sviluppo dal concepimento al 15° giorno.

Queste prime differenze, ad esempio tra embrione e pre-embrione, in nome di uno sviluppo scientifico, ponevano già da tempo la domanda se tutto ciò che è possibile “fare”, conoscere, fosse anche eticamente lecito! Si nota che il Comitato Warnock, come a voler entrare in punta di piedi, negli sviluppi della vita nascente, pone comunque un limite, quasi a indicare che non tutto può essere e/o deve essere possibile fare all’uomo, rispetto al normale sviluppo naturale dell’embrione.

In realtà, il problema centrale è il riconoscimento, non solo giuridico, ma anche antropologico di quando inizia la vita per una Persona, cioè se davvero il concepimento è inteso l’inizio della vita per una persona, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Ben sappiamo che questo dato non è certamente riconosciuto né da una parte scientifica, tanto meno dal mondo giuridico e filosofico, proprio per questo è opportuno avere una conoscenza corretta del dato scientifico per sostenerlo e promuoverlo nel mondo filosofico e giuridico.

Giustamente, il prof. Serra, pone delle condizioni affinché ci sia un proficuo dialogo; da un lato che i cultori delle scienze umane abbiano una chiara comprensione dei dati scientifici, dall’altro che i cultori delle scienze sperimentali siano fedeli ad una rigorosa logica scientifica nell’interpretazione dei dati.

Ecco l’importanza della Bioetica, che proprio perché interdisciplinare riesce a mettere insieme i dati medico-scientifici, con quelli filosofici e giuridici per offrire alla società una lettura, in più possibile completa e soprattutto corretta della realtà. Ancor più vero questo nel nostro caso di una bioetica personalista, ontologicamente fondata che parte proprio dal mettere al centro la persona, sin dal suo concepimento.

Con la fusione dei citoplasmi, si genera lo zigote, nuova entità biologica geneticamente diversa dall’uomo e dalla donna che lo hanno concepito, dotato di una vita propria, che segna un punto di non ritorno dato che i due patrimoni genetici intraprendono la costituzione di un nuovo individuo.

Questo dato non è un’idea “cattolica”, ma ben suffragata dalla scienza, infatti il professore F. Gilbert nel testo Developmental Biology (il manuale di biologia maggiormente diffuso nelle università americane), intitola il capitolo VII: “La fertilizzazione: l’inizio di un nuovo organismo” e scrive: “La fertilizzazione è il processo mediante il quale due cellule sessuali (i gameti) si fondono insieme per creare un nuovo individuo con un corredo genetico derivato da entrambi i genitori”.

Il cattolico  Angelo Vescovi, scienziato di fama internazionale, è ancora più esplicito: “Qualunque fisico esperto di termodinamica può dire che all’atto della fecondazione c’è una transizione repentina e mostruosa in termini di quantità e qualità d’informazioni. Una transizione d’informazioni senza paragoni che rappresenta l’inizio della vita: si passa da uno stato di totale disordine alla costituzione della prima entità biologica. Un’entità biologica che contiene tutta l’informazione che rappresenta il primo stadio della vita umana, concatenato al successivo, e al successivo, e al successivo, in un continuum assolutamente non scindibile, se non in modo arbitrario”.

L’embrione, quindi, “è qualcuno”, cioè un soggetto ben determinato già nelle primissime fasi del suo sviluppo e se posto in condizioni idonee, si svilupperà in un organismo adulto perché

rappresenta la prima fase dell’esistenza di ogni persona, infatti dal concepimento in poi non ci sono salti nello sviluppo: la differenza tra embrione-feto-bambino è come quella tra bambino-adolescente-adulto: è un fatto quantitativo e non qualitativo.

Ribadiamo che l’embrione non è un agglomerato di cellule, un’appendice del corpo della madre, o una creatura dissimile dal futuro neonato; ma è il prossimo adulto in fase di sviluppo, con un patrimonio genetico differente da coloro lo hanno concepito.

L’articolo del prof. Serra si conclude con il paragrafo sulla dignità. A tal proposito è opportuno evidenziare che per ogni persona, quindi anche per il feto, l’embrione dobbiamo riconoscere una dignità “innata”, ossia una dignità che deve essere riconosciuta sin dal concepimento; non certo una dignità “acquisita” chissà per quali meriti!  I riferimenti all’enciclica Evangelium Vitae sono indispensabili e autorevoli a dare valore a quanto esposto.

Volendo trovare dei punti deboli sull’articolo in questione, potremmo dire che per completezza sullo stato biologico dell’embrione l’articolo non espone il pensiero della bioetica laica.

Scrisse Oriana Fallaci, nota scrittrice laica, morta il 15 settembre del 2006, all’età di settantasette anni, nella premessa al capitolo ci siamo posti l’interrogativo sull’inizio della vita; ora al termine della riflessione, a modo di riassunto, ci chiediamo: “in quale momento iniziò la mia avventura umana?” Appena avvenuto l’incontro tra l’oocita di mia madre e lo spermatozoo di mio padre, quindi circa 280 giorni prima del parto. E allora, non è meraviglioso rammentare che ognuno di noi fu un embrione, cui fu concessa la possibilità di svilupparsi divenendo uomo?

Antonio Citro, bioeticista

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